giovedì 28 aprile 2011

17 APRILE 2011: MARATONA DI MADRID



Avevo un conto in sospeso con la maratona di Madrid da circa 2 anni: mi ero già iscritto a quella del 2009, ma una frattura della caviglia aveva fermato la mia preparazione già 60 giorni prima della partenza. Quest’anno è andata invece tutto liscio! Alla partecipazione alla maratona sono riuscito ad aggiungere 4 giorni di ferie, prenotando un appartamento insieme ad altri 6 amici che mi faranno da supporter nella trasferta Madrilena.

Il giorno prima dell’evento seguo le indicazioni trovate sul sito per raggiungere con la metro la “Casa de Campo”, centro congressi dove devo andare a ritirare il pettorale. Il dubbio se voltare a destra o a sinistra in una delle grande arterie di comunicazione della capitale spagnola mi viene fugato dalle indicazioni di un passante, anch’egli maratoneta, che m’indica la giusta strada e ci auguriamo “Buena suerte” per il giorno dopo. Recupero velocemente il pettorale, il cui chip deve essere convalidato seguendo una linea blu simile a quella che nella maratona viene usata per indicare il “percorso ottimale”, che oggi porta semplicemente al ritiro del pacco gara, con tanto di maglietta. Approfitto dei tanti stand espositivi per prendere un paio di barrette energetiche per il giorno successivo.

La mattina della gara prendo la metro in direzione Paseo des Recoletos, dove molti runners sono già intenti a scaldarsi. Lasciare la borsa al guardaroba è una vera impresa, tanta è la calca delle persone!! Provo a scaldarmi anch’io un po’, poi mi avvicino alla zona della partenza. Siamo in più di 10.000 maratoneti e inoltre ci sono 6.000 partecipanti alla 10km che si corre lo stesso giorno. Non ci sono gabbie, e questo mi sorprende un po’, con tutti questi partecipanti. Sgambetto per 5 minuti e faccio un minimo di stretching, poi l’assembramento di corridori vicino all’arco della partenza mi spinge ad inserirmi nel serpentone in attesa dello sparo. I top runners hanno una spazio di una trentina di metri per ultimare il riscaldamento indisturbati. L’emozione della partenza di una maratona è sempre tanta, nonostante sia la mia tredicesima. Appena dopo lo sparo, passando sotto lo striscione dello START, per la tredicesima volta faccio l’unico gesto tra il propiziatorio e lo scaramantico a cui mi affido: il segno della croce. I primi km scorrono bene sotto le gambe, grazie alle ampie strade di Madrid. L’organizzazione è molto buona: ordinati i rifornimenti, con i banchi ad ambo i lati della strada ed un esercito di volontari pronti a pulire e raccogliere subito le bottigliette vuote. Sempre nell’ottica del rispetto dell’ambiente, non c’è lo spugnaggio ma solo getti d’acqua nebulizzata: poco male la temperatura è intorno ai 20 °C, certo non freschissimo ma neanche troppo caldo. Mi accorgo che è difficile tenere un passo costante: Madrid è un susseguirsi di lunghe salite e discese, poco pendenti ma che si fanno comunque sentire. Alterno alcuni chilometri percorsi a 4’40” ad altri terminati in 4’15”. La partecipazione della gente alla maratona è calorosissima, tutti che gridano “ANIMO; ANIMO!!!!” ed è per questo che, memore della precedente esperienza spagnola in una maratona, quella di Valencia, avevo fatto scrivere sulla mia canotta “ANIMO DAN!!!”: un trucco per essere chiamato per nome a migliaia di chilometri da casa! Prima della mezza maratona passiamo per il centro più vivo di Madrid, la Puerta del Sol: qui la partecipazione è massima, la piazza è invasa di gente che urla ed espone striscioni. Il tutto rinfranca l’animo e le gambe, che girano ancora bene, sulla media dei 4’30” al km. Avevo il mezzo obiettivo di migliorare il 3h10’ che avevo fatto a Verona in febbraio, anche se sapevo che sarebbe stato difficile, soprattutto per il percorso fatto di sali e scendi. Passo alla mezza in 1h36’, sapevo già quindi che il 3h10’ si allontanava, anche perché gli ultimi 7 km sono tutti in leggera salita. Ma intorno al 25° insorgono i problemi: le gambe si fanno dure e soprattutto i polpacci iniziano a far male; inoltre la solita nausea, che si presenta al momento del rifornimento, m’impedisce anche di bere l’acqua necessaria. Riconosco la crisi, è più o meno la fotocopia di Padova dell’anno scorso, quindi non forzo assolutamente, ma cerco un ritmo blando che mi consenta di arrivare comunque alla fine. Apprezzo molto i soccorritori coi roller che girano fra i runners dispensando all’occorrenza vaselina per le parti in sfregamento e spruzzando spray anti-contrattura sulle gambe dei corridori in difficoltà senza che questi si debbano fermare. Verso il 35° mi fermo un paio di volte a fare stretching per i polpacci doloranti, e subito arriva un soccorritore in roller che mi chiede se va tutto bene e dove mi fa male: fenomenali! Stringo i denti e mi preparo ad affrontare gli ultimi km e so che saranno durissimi. Appena prima del 40° km iniziamo a costeggiare il grandissimo Parque del Ritiro, che è la sede dell’arrivo. Lo speaker in lontananza e il sapere che ci sono i miei amici ad aspettarmi all’arrivo mi rinfrancano per gli ultimi kilometri. L’arrivo è una vera festa, molti corrono mano nella mano con i propri figli sino al traguardo. Finisco in 3h42’ netti e alzo le braccia contento per aver terminato anche questa maratona! L’area dopo l’arrivo e grandissima, percorro più di un kilometro prima di uscire dall’area recintata, nella quale però c’è di tutto: oltre all’area massaggi, anche coca-cola e birra alla spina gratis! All’uscita dalle transenne trovo i miei amici ad aspettarmi, ai quali avevo dato incarico di farmi trovare una bella birra come premio personale: la prima di una bella serie dei festeggiamenti.

Voto alla maratona di Madrid: 9! Da provare!

Voto alla mia maratona: 6 per l’impegno nel finirla comunque: fa parte del gioco!

giovedì 5 novembre 2009

Santiago de Compostela 08: Diario di Viaggio

Premessa: perché Santiago in moto
La vacanza in moto era un’idea che da diversi anni avevo per la testa, ma che diversi motivi non ero mai riuscito a realizzare; volevo macinare chilometri e attraversare mezza Europa. Preso dalla frenesia della preparazione di un viaggio ho steso la cartina e ho adocchiato quella che subito è parsa la meta ideale. All’estremo ovest della Spagna, un paese che adoro, ho puntato il dito su Santiago de Compostela e non ho esitato:”Quest’estate sarà Santiago!”. Era l’occasione ideale per visitare il nord della Spagna, attraversare i Pirenei in moto e gustare quindi il meglio delle curve franco-spagnole e affaciandomi sull’atlantico a Capo de Finisterra, dopo aver seguito Il cammino di Santiago, fenomeno religioso-turistico che desta in me molto interesse.
Verso Maggio 08 si sono presentate le condizioni ideali per avere un compagno di viaggio con me: Mona (soprannome che non ha niente a che fare con intercalari tipici di alcune province italiane, ma che semplicemente deriva dal suo nome, Emanuele Monari); è un vecchio amico dell’università, sembrava il candidato giusto per diventare il mio compagno di viaggio. Si era appena mollato con la morosa e alla mia proposta di vacanze in moto ha subito detto di si. Destinazione? “Capo nord ? No, 10000 km in 10 giorni sarebbero veramente troppi per moto come le nostre”. Io propongo Santiago. Lui fa:”Il cammino in moto? Ci sto!” Ed è fatta. Seguono 2 mesi di preparativi, fra mappe, gps, checklist di tutto quello che ci può servire nel viaggio, che abbiamo deciso di fare in tenda, con l’intento di provare a pernottare anche in qualche albergo del pellegrino, nel caso ci fosse permesso.

03/08/08
Partenza tranquilla, alle 9.30 sono a casa di Mona. Decidiamo di fare il passo del Cerreto e prendere l’autostrada a La Spezia. Tante bici sul percorso (cicloraduno) e tante moto sul valico del Cerreto, complice una splendida giornata di sole.
Le moto cariche viaggiano bene, eravamo preoccupati dato che non erano mai state così in sovrappeso. Solo nei veloci cambi di direzione avverto che il peso nel posteriore mi rallenta, ma, grazie anche alle nuove Michelin Pilot Road 2, vado molto bene lo stesso.
Finita le statale divertente e generosa di curve, prendiamo l’autostrada, che ci porterà fino ad Arles. Sostiamo dopo Genova per un panino; il mare e i monti che fanno da cornice all’autostrada ligure ci regalano scorci di paesaggi incantevoli. C’è vento forte in uscita dalle gallerie e sui ponti, quindi manubrio ben saldo fra le mani. Varchiamo la frontiera con la Francia: è la prima volta che porto la mia moto all’estero. Avevo sfiorato la Svizzera, ma non ci ero entrato. In Francia i caselli dei pedaggi si susseguono ogni 15-20 km; la nota positiva è che le moto pagano meno delle auto.
La monotonia dell’autostrada mi da fastidio più per il vento forte che per altro. Arriviamo ad Arles, dove localizziamo il campeggio che individuato sul web. Il compressore che Mona si è procurato non gonfia il materassino: ci rendiamo conto che conta di più la portata di aria che la pressione di gonfiaggio. Di fatti il materassino si gonfia molto lentamente. La prova l’aveva fatta Mona a vuoto, dato che i materassini li ho portati io. Per stanotte si gonfia a bocca, poi vedremo.
C’è tempo per un tuffo nella piscina del campeggio: scopriamo che un’ordinanza vieta il bagno in boxer, in quanto antigienici; ma con gli slip non c’è problema: anche i francesi sono strani!

Cena in centro ad Arles, lungo l’unica via viva della città. Menù turistico, prezzo contenuto, poi birra bianca media e pronti per la tenda. Il materassino di Mona è bucato (lo era già prima o solo dopo che ha saggiato il peso piuma del mio compagno di viaggio? Nessuno lo saprà…). Comunque Mona è stato previdente, si è portato mastice e pezze per riparare il materassino.

04/08/08

Mona ha dormito con il sedere per terra: la riparazione improvvisata non ha tenuto. Nonostante questo non si lamenta più di tanto(?). Io mi sveglio prima(sarà così per tutto il viaggio e ne approfitterò per scrivere questo diario). Colazione da campioni in una boulangerie locale e partenza. La Camargue ci regala paesaggi da tipico paese meridionale. C’è molto traffico e caldo (37.5 ®C). Per poco non resto senza benzina: 55 km in riserva senza incontrare un distributore, è il mio record. Mona prova i freni senza avvertirmi(un altro po’ e gli do un bacino..): dice che così carico frena meno..mah! A Montagnac ci fermiamo per panino e foto alla chiesa medioevale. La strada è più scorrevole, a parte qualche ingorgo nei paesini. Sostiamo vicino a Perpignan, in un supermercato, per fare il pieno alle moto (negli iper la benzina costa 1.41 invece che 1.55) e a noi.
Attraversiamo la frontiera con la Spagna: c’è coda comunque, per i vari negozi, nonostante i gabbiotti della polizia siano vuoti da tempo. Arriviamo a Figueres e da li deviamo verso il mare, obiettivo Cadaques: la strada attraversa un promontorio, è tutta curve ed è una piacevole sorpresa! Asfalto e panorama 10 e lode.
Arriviamo al camping Cadaques: è strapieno. Portiamo le moto dentro e le lasciamo vicino alla tenda, anche se ci hanno detto che non si potrebbe, ma per una moto c’è sempre posto, infatti nessuno si lamenterà!
Ci sono tanti italiani, alcuni in moto. Uno di questi è Antonio di Arezzo, è via da solo e la sera andiamo a cenare insieme. La cena è una delusione, si magia poco e caro, anche perché il paese è altamente turistico.
Di notte la baia di Cadaques illuminata è incantevole! La presenza di Dalì, che qui soggiornava nelle vacanze estive, si respira ovunque, nei bar e nelle vie. Per rifarci della cena, iniziamo a girare per bar: 3 cocktail, vediamo tre ragazze fare uno strano gioco coi dadi, chiedo come funziona ad una di queste, senza avere molto riscontro (ma tanto aveva le sopracciglia come Bergomi si dirà poi..). Dopo aver fatto un po’ di fatica a ritrovare il campeggio, in tenda si dorme come sassi (e questa notte il materassino che si sgonfia lo uso io).

05/08/08

Sveglia con il mal di testa: ripeto a Mona che sarà la prima e l’ultima ciucca del viaggio. Avevamo già deciso e ribadiamo, anche visti i fasti della notte precedente, di sostare per un giorno, in modo da visitare con calma il museo di Dalì a Figueres e gustarci ancora Cadaques. Passeggiamo un po’ per il centro e faremo quello che sarà l’unico bagno del viaggio: l’acqua è veramente limpida.
Poi via verso Figueres: ne approfittiamo per gustarci il percorso con le moto scariche, andatura più allegra e pulizia della spalla del pneumatico!
Restiamo per 40 minuti in coda per entrare nel museo del maestro del surrealismo, ma ne vale la pena: Dalì è un genio.
La temperatura è più sopportabile rispetto alla Camargue. Al ritorno ci fermiamo in un Decathlon per comprare un materassino nuovo, ma sono esauriti: ne troveremo uno al Carrefour. Una volta in campeggio carichiamo le moto il più possibile per partire presto il giorno dopo. Scambiamo due parole con una coppia di Como diretta a Barcellona: il nostro viaggio desta sempre interesse. A cena paella con Antonio, vino offerto dall’oste, quattro chiacchere, qualche confidenza e sane risate.
Tornati in campeggio, prima di andare a dormire, decido che Cadaques di notte val bene qualche foto: scendo per la stradina che porta al paese e catturo su CCD le luci riflesse nel’acqua del golfo.
Cade qualche goccia, come succederà per tutta la notte, ma nessun temporale per fortuna.

06/08/08

Sveglia presto come previsto, ma le operazioni nelle operazioni di sgonfiaggio materassini e smontaggio tenda non siamo ancora molto allenati e ci impiegano più del previsto.
N-260: è la sigla perfetta della giornata. Questa strada ci accompagnerà da Figueres fino d Ainsa ed oltre per più di 400 km. È stata una fedele compagna di viaggio: vedere i suoi chilometri che venivano scanditi ai bordi delle strade all’unisono con i nostri tachimetri era rassicurante. Dopo Olot si inizia a salire: la camaleontica N-260 da superstrada a 2 corsie diventa una normale statale e cambierà più volte entità. Il primo colle è a 1020 metri: asfalto in ottime condizioni e curve scorrevoli: un vero piacere, anche considerando che usciamo dalla morsa del caldo afoso. La N-260 ci regala profumi intensi di foreste verdi e colori rossi opachi delle rocce spoglie. È montagna vera: i pirenei non deludono. Dopo la sosta per il pranzo arriviamo a Sort, che essendo in una valle, ci accoglie con un’afa micidiale: 39 ®C! Qui decidiamo di non tornare in Francia, ma di proseguire direttamente per la destinazione della giornata(Torla, nel parco nazionale di Ordesa). Così facendo rimaniamo sulla N-260, che adesso attraversa gole a precipizio su un fiume, sfruttato anche per fare rafting, di uno splendido color turchese chiaro: un vero spettacolo che ci spinge più volte a fermarci ed impugnare la macchina a fotografica. Arriviamo a Torla verso le 20, tenda montata e doccia, in tempo per cenare con calma e visitare il paese. Troviamo un piccolo ristorante dove i gestori ed un gruppo di loro amici ci fanno assistere ad una tragicomica litigata, che ci rovina il servizio ed in parte la cena. Inizia a piovere: corsa verso il campeggio (1 km di salita) e via in tenda, che reggerà al primo vero acquazzone, cha avevamo sfiorato a Perpignan in moto e a Cadaques in tenda. Per la prima volta abbiamo avuto freddo in tenda, la mattina successiva sarà veramente fresco.

07/08/08

Le nuvole della sera prima lasciano il posto ad un cielo terso che scopre la montagna nella sua intera bellezza. Ci avviamo verso la Saint-Jean-Pied-de-Port, che viene considerato il punto iniziale del Camino de Santiago (anche se il pellegrinaggio si può iniziare da dove si vuole, come scopriremo in seguito..) Attraversiamo piccoli paesi di montagna, qualche cartello stradale ci indica Lourdes. Si respira già aria di paesi baschi, dati i molti manifesti che pubblicizzano feste paesani dove tutti hanno la camicia bianca, il basco in testa e un fazzoletto rosso che fa da cintura. A SJPdP cerchiamo l’ufficio del pellegrino per chiedere se ci danno la credencial anche a noi in moto. Siamo un po’ scettici, lo chiediamo più per scherzo, ma con grande sorpresa la danno anche a noi: l’addetto dell’ufficio, invece di barrare una casella che indica se il percorso viene effettuato a piedi o in bici, scrive semplicemente “moto”.
Iniziamo così il nostro Camino de Santiago in moto. Prima destinazione Roncisvalle, attraverso pieghe divertenti che portano al famoso passo. Al valico apportiamo il primo timbro alla credencial presso il locale albergo. Dopo una foto alla pietra che commemora Rolando, giù verso Pamplona. Si intravede il folclore dei paesi baschi, anche se siamo in Navarra. Per la notte ci accampiamo a Estella, in un campeggio molto ben tenuto. Ceniamo al ristorante “La Cepa”, l’unico consigliato dalla Lonely Planet: cibo raffinato ed ottimo servizio: 50 euro!
Durante le foto alla festa paesana (stile festa di San Firmino a Pamplona) un tipo molto simpatico ci coinvolge nella festa, ci offre una birra e dei dolcetti locali.
Mentre Mona fotografa la chiesa appoggiato ad un albero, una ragazza gli chiede se sta bene (la sua posizione effettivamente era tipica di uno che sta rimettendo l’anima..). Lui le fa capire che stava cercando di fare una foto, e lei si salva in angolo dicendo che credeva che stessimo giocando a nascondino. Il Rioja della cena facilita le risate. Lei ci chiede se siamo pellegrini, noi indichiamo le moto parcheggiate li vicino e veniamo battezzati:”Ah, Pellegrotos!”

08/08/08

Vicino ad Estella c’è Eunate, con la sua meravigliosa chiesa di campagna a pianta ottagonale, con un pellegrino che suona la chitarra: impossibile non essere pervasi da sensazioni profonde. Le stradine che attraversano i paesi del Cammino si fanno percorrere in un tempo maggiore del previsto. A Santo Domingo della Calzada l’intento è quello di visitare la chiesa con i polli impiccati come da leggenda, ma è chiusa. Ripartiamo per Burgos: adesso la strada scorre veloce, la terra è brulla ed arida come ci aspettavamo. Il paesaggio è cambiato di velocemente: dalle montagne verdi dei Pirenei, ai colli coltivati a Rioja, fino ai campi coltivati a grano.
Burgos è molto vivace, ci fermiamo in centro per visitare la cattedrale, che è chiusa : non è giorno per cattedrali si vede.
Via veloci verso Leon: dove arriviamo alle 20.45. Il campeggio risulta essere molto lontano dalla città e percorrendo la periferia troviamo un albergo del pellegrino: ci presentiamo con casco sottobraccio, e ci prendono, per solo 4 euro! Mettiamo la nostra roba nel dormitorio, una stanza da 8 posti, e caschi e paraschiena destano sorpresa:”Ma allora si può fare il Camino anche in moto!” e destiamo simpatia anche qui!
Leon di sera esprime al meglio la famosa movida spagnola, ed è bello passarci in mezzo con la moto! In molti mangiano in piedi sui tavolini fuori dai bar, faremo così anche noi. Le vie di Leon ci inghiottono fino alla cattedrale, magnifica e suggestiva di notte.

09/08/08

Sveglia con i pellegrini alle 6.40, ma rimaniamo a letto fino alle 8.00. Prendiamo un caffè nella sala mensa dell’albergo, dove in contriamo un coppia di francesi che ha percorso il Cammino da Chamonix a Santiago e adesso sta ritornando: più di 3000 km a piedi in circa 170 giorni! Lui chiacchierone e simpatico, ci racconta di come si divertono nell’incontrare pellegrini che vedendoli andare nel verso opposto iniziano a consultare le cartine, dubitando di sbagliare strada!
Prima sosta della giornata ad Astorga, per ammirare il museo progettato da Gaudì: il suo tratto è inconfondibile! Un artista di strada intona “A Santiago con la moto…” e s’inventa le parole di un refrain per noi.
A Ponferrada ci gustiamo il polpo alla Galega (cocido, come dice il cameriere) vicino al castello medioevale.
Breve deviazione verso Las Medulas, per vedere i panorami da Gran Canyon delle ex miniere d’oro di epoca romana: conveniamo che si può togliere l’appellativo Gran, dato che non sono nulla di stupefacente.
I chilometri verso Santiago iniziano a diminuire: Santiago 70, Santiago 48..e l’emozione cresce. La meta agognata da mesi, l’itinerario pianificato in tante serate assonnato davanti al pc, si stanno concretizzando. Santiago 18..che momenti!
Vista l’ora di arrivo, verso le 21.00, cerchiamo subito il campeggio e decidiamo di andare verso la cattedrale di sera. Al campeggio ritroviamo un francese in moto incontrato ad una stazione di servizio, con la sua ragazza spagnola: in barba alle borse da serbatoio o laterali, rigide o morbide, il suo unico bagaglio è uno zaino da montagna legato con elastico portapacchi al serbatoio!
La sera parcheggiamo le moto vicino al centro e andiamo a Plaza de Oblatorio a piedi: tocchiamo emozionati il cancello della cattedrale, ci sediamo ai bordi della Plaza a fumare un sigaro portato per l’evento e ammiriamo la notte stellata di Santiago, con la sua cattedrale e le sua aurea mistica.

10/08/08

Alle 12.00 andiamo in cattedrale per la messa del pellegrino. La cattedrale di giorno rivela il suo cattivo stato di conservazione: è piena di muschio. L’interno è invece incantevole, con un organo a canne orizzontali che è uno spettacolo. Visitiamo anche la cripta che ospite la spoglie di Santiago. Per qualche ora ci godiamo il centro di Santiago pullulante di gente, splende il sole. La fila davanti all’ufficio del pellegrino, dove è possibile ricevere l’attestato del pellegrinaggio, è davvero lunga. A testimonianza di come questo Cammino sia battuto veramente da tanti pellegrini. Nel pomeriggio raggiungiamo la meta all’estremo ovest del viaggio: Capo de Finisterra. La strada è costantemente immersa nel verde ed è piacevole. Parcheggiamo le moto sotto la croce, simbolo del Capo. Tra i vari BMW GS, immancabili in posti come questo, ce n’è uno acquistato in un concessionario in provincia di Reggio Emilia: parlando col proprietario scopro che anche lui è di Mirandola! 3000 km per incontrarci e conoscerci la! È impossibile non perdere il proprio sguardo verso l’oceano. Ci ricorderemo anche le trombe acustiche del faro: l’intensità del suono che mettono fa prendere un colpo a tutti quelli che vi passano vicino!
Al ritorno deviamo per strade secondarie, più piccole ed immerse in una vallata più arida; qui troviamo centinai di generatori eolici.
La pioggia serale ci fa propendere per cenare nel ristorante del campeggio per poi andarcene a dormire presto.

11/08/08

La nottata ha portato acqua, e la mattinata di Santiago è di una umidità massima: anche se non si può dire che piova, le goccioline di acqua si formano ovunque e mi ricordano le più dense nebbie della val padana. Temporeggiamo nel bar del campeggio per non smontare la tenda in queste condizioni, ma poi in realtà la pioggia ci terrà compagnia fin quasi ad Oviedo. Arrivati sulla costa atlantica nord, ammiriamo le scogliere del Principato delle Asturie. Un promontorio degrada in spiaggia verso l’oceano e una scalinata porta ad una piccola baia sassosa scavata tra gli scogli.
Nel tardo pomeriggio arriviamo a Llanes e cerchiamo il campeggio: per la prima volta i motociclisti non sono ben accetti, dato che ci dicono che è pieno, quando in realtà di piazzole libere ne vediamo un sacco. Poco male, ripieghiamo sull’altro campeggio della città, ci facciamo consigliare un posto dove mangiare del buon pesce per la sera. Ci andiamo e Mona divora un Chuleton (fiorentina) da paura: non siamo coerenti, lo ammetto, ma a bistecca e vino rosso Rioja è difficile dire no.

12/08/08

Partiamo per i Picos d’Europa, dove ci fermiamo per una colazione abbondante dal ”Merendero” più alla buona della zona: non apprezziamo l’igiene del locale che lascia a desiderare, ma ci gustiamo il bicchiere di Sidra versato con maestria dal padrone del locale: la bottiglia e il bicchiere devono essere il più possibile distanti fra di loro, ed è più quello che finisce fuori che dentro, me assicuro che non è una facile operazione.
Peccato non avere il tempo per percorrere gli itinerari a piedi, probabilmente li i Picos danno il meglio di se stessi.
Raggiungiamo Bilbao in fretta, forse troppa dato che paghiamo il pedaggio per l’attraversamento di un tunnel per poi scoprire che il campeggio è nella direzione opposta: torniamo a versare l’obolo di 1,5 euro al casellante col dubbio che le indicazioni stradali non fossero così chiare. Il campeggio è nella vicina Sopelana: parcheggiamo le moto vicino alla reception e ci registriamo.
Mona esce per spostare la sua moto e far uscire un’auto dal parcheggio. Chiedo se devo spostarla anch’io: mi si dice di no, che ci saranno almeno 3 metri. Evidentemente non bastano per la ragazza in manovra: urta la mia moto e la vedo cadere per terra.
È sempre doloroso vedere la propria moto a terra.
Rialzandola scopro che non si è fatta nulla di grave: si è piegata un po’ la leva freno e c’è qualche segno sui contrappesi e sullo specchietto. La ragazza non smette di dire “lo siento”, mi da il suo numero di piazzola dicendo che, se c’è qualche danno, comunque lei sarà li per 3 giorni. Purtroppo non prendo i suoi dati subito.
Per la serata ci facciamo consigliare dalla cassiera del supermarket il posto adatto: ci dice che c’è un pigiama party ad Algorta, un paese lì vicino. Un po’ dubbiosi seguiamo il suo consiglio. Sulla metropolitana che ci porta la, di fatto incontriamo solo adolescenti in pigiama, tutti muniti di buste piene di bottiglie di aranciata& vodka e simili per cocktail a buon prezzp. Ma arrivati in centro ad Algorta ci dobbiamo ricredere: tutto il paese è invaso da gente vestita in pigiama o baby-doll, dai 10 ai 90 anni, dando vita ad una festa che è delirio. La descrizione di Mona è azzeccata: ”é la cosa più vicina a Woodstock che io abbia visto in vita mia”. Il divertimento nei paesi baschi è concepito in maniera totale. La spiaggia è piena di chioschi che elargiscono birra ed una bevanda locale dall’abbinamento discutibile: coca cola e vino. Mah! Inutile dire che ogni angolo diventa orinatoio.
Non abbiamo energie per continuare alla pari dei paesani e quando ancora la festa sembra essere nel pieno ritorniamo verso il campeggio.

13/08/08

Il mattino successivo mi avvio alla ricerca della ragazza che ha investito la mia moto: trovo la tenda, ma lei è fuori. Lascio un biglietto con i miei dati, ma com’era prevedibile non mi contatterà. Pazienza, i danni sono minimi, ma comunque volevo far valere le mie ragioni: mi servirà di lezione per la prossima volta, chiederò sempre e comunque i dati subito.
Mi consolo quando, caricando la moto per la partenza, uno spagnolo passando mi dice: “Reina mula, macho”, che dovrebbe essere più o meno:”Gran bella puledra ragazzo”. Beh, una bella soddisfazione, dopo che per 10 giorni mi ero sentito solo chiedere “Que moto es esta??”!
Finalmente un po’ di sole ci tiene compagnia fino a San Sebastian: il campeggio sui monti che dominano San Sebastian è pieno e ci dirotta verso la seconda scelta, un magnifico campeggio con vista autostrada!
Il nostro vicino di tenda si chiama Melchin, è un italo-argentino, venditore ambulate di orecchini, che vive per sei mesi in europa e per il resto in Sud America. Non deve essere proprio benestante, ma ha l’aria essere uno spirito libero come pochi e appena iniziamo a parlare ci offre subito 2 birre!
San Sebastian di notte è gradevole, anche se per questa sera non vedremo il classico delirio basco nella parte vecchia della città. Andiamo a letto con l’intenzione l’indomani di fare il secondo bagno della vacanza, nella spiaggia cittadina di Las Conchas.


14/08/08

Dopo la prima notte San Sebastian, sfruttiamo la permanenza di 2 giorni per riposarci un poco al mattino.
Colazione con calma nel bar del campeggio e organizziamo la giornata: il cielo naturalmente è coperto, il che ci preclude la giornata nella spiaggia di Las Conchas. Turismo classico dunque, armati di macchina fotografica e guida. Parcheggiamo vicino al centro e andiamo subito verso la cattedrale, che a quell’ora però e chiusa: ci torneremo dopo.
Scalata verso il promontorio con il Cristo: è una bella passeggiata nel verde, e giunti in cima si gode di una splendida vista della città.
Dopo la discesa ci fermiamo in vivace bar del centro per degustare i famosi pintxos: veramente buoni, uno tira l’altro e d è difficile saziarsi con quelli.
Li vicino troviamo una piazza con bambini che giocano alla pelota basca: incredibile il tifo della gente. Torniamo in cattedrale: qui Mona si accorge di non aver le chiavi della moto. Naturalmente dice “Le ho perse”, ma ormai non ci faccio più caso: è dall’inizio del viaggio che ha la fobia di perder qualcosa. Questa volta però non le ha davvero: in realtà le ha lasciate attaccate alla moto, e un gentile vigile le ha prese in custodia, mentre dirigeva il traffico all’incrocio.
Mona non smetteva più di stringergli la mano.
In città ci sono molti preparativi per la notte, e non vediamo l’ora di viverla in pieno.
Ma inizierà a piovere. Tornati in campeggio ceniamo nel bar, dove conosciamo Ivano di Alessandria e Andrea e Lorenzo di Milano: sono tutti stupiti dal saperci li in moto, con i nostri tipi di moto! Andrea(22 anni) ha un Fazer 600 e gli si illuminano gli occhi quando gli raccontiamo del nostro viaggio. Voleva andare in vespa a Barcellona, lui, quest’anno, e baldanzoso ci dice che lo farà anche lui un viaggio così. Ci chiede consigli e ci sentiamo dei bikers consumati!
La pioggia non smette, le chiacchere continuano fino a mezzanotte e saliamo in macchina con i ragazzi per la notte in città: di acqua ne abbiamo presa abbastanza!
Mona fa un gioco che gli propone un ambulante: consiste nel piantare con 3 martellate un chiodo in un pallet. Ce la fa e vince una bottiglia di spumante: si inizia a bere così! La vita nella parte vecchia della città e quella tipica dei paesi baschi che abbiamo conosciuto negli ultimi giorni!
Durante la notte pioverà, molto, e per tutta la mattinata seguente.

15/08/08

Ferragosto, con tanta acqua! Di fianco alla tenda di Melchin ne è spuntata un’altra, insieme ad un pallet e un carrello da spesa. Scopriremo che è il tipo del gioco del chiodo!
L’umore degli italiani in campeggio è pessimo, abituati come siamo al sole per ferragosto. Tergiversiamo in tenda fino a mezzogiorno, nella vana speranza che spiova in modo da poter chiudere la tenda senza che si bagni; il temporale si prende solo brevi pause, approfittiamo di una di queste per smontare il tutto e coprire con i teli impermeabili le borse. Ma una lieve pioggerellina ci terrà sempre compagnia. Incontriamo Andrea e Lorenzo, che come promesso ci cucinano un po’ di riso per un pranzo di Ferragosto in compagnia. Passa anche Ivano, ma il suo umore è pari a quello del tempo: pessimo! Finito il riso, e le birre, ci congediamo dai nostri compagni di un giorno e partiamo. La pioggia è intensa per circa 150 km, il traffico nel sud della Francia si fa regolarmente più intenso vicino alle uscite delle località turistiche. Cerchiamo di fare una tappa lunga per recuperare il tempo perso, finalmente spiove, ma quando cerchiamo un posto per mangiare ci rendiamo conto che a Ferragosto in Francia è quasi tutto chiuso; sono le 16.30 è al primo bar aperto ci fermiamo, chiediamo se ci può preparare 2 panini: “Oui”. Ci arriveranno 2 baguette scongelate, che non sono neanche male, con patè di fegato d’oca ingrassato più cetriolini sottaceto. Più guardiamo il patè e più sorgono dubbi che lo stesse conservando da anni per 2 sventurati affamati che fossero capitati dalle sue parti: non sappiamo se il verde è dovuto alla muffa e il bianco al grasso… per evitare questioni buttiamo giù il tutto e ci congediamo. Attraversiamo i Paesi Catari e Mona mi convince a passare l’ultima notte in albergo, anche perché la tenda è piuttosto bagnata. Verso Carcassonne ci fermiamo in un albergo che ci svela che è tutto completo da Tolosa a Montpellier, sia per il Ferragosto sia per un evento che si tiene a Beziers che a quanto pare ha richiamato gente da ognidove. Nei successivi alberghi avremo conferma, e dopo Narbonne è anche difficile trovare il campeggio che ci hanno indicato. Dopo varie soste per chiedere informazioni, raggiungiamo il campeggio alle 22.30, in una località che ci è ancora ignota. Fortunatamente i gestori sono molto gentili e ci accolgono (la padrona ha origini italiane). Sistemiamo la tenda alla meno peggio senza tanti picchetti, lasciandolo senza telo per un ora circa in modo che si asciughi. Di tornare a Narbonne per la cena non se ne parla, è così a letto senza cena.

16/08/08

Sogniamo una colazione luculliana, ma per non per perdere tempo in cerca di boulagerie ci facciamo un panino un autogrill. Le autostrade francesi ci fanno fermare ad una miriade di caselli a pedaggio. Pranzo con panini all’altezza di Nizza. Mona decide che non passerà per Modena, ma andrà direttamente nella sua casa in montagna a Sant’Anna Pelago, quindi stabiliamo di uscire dall’autostrada ad Aulla. Così sarà: ci salutiamo con una abbraccio. Io, stanco dei 700 km di autostrada, decido di fare il passo del Cerreto anche per il ritorno. Cerco di sbrigarmi per non attraversarlo col buio, ma la longitudine dell’Italia non è quella della Spagna e il buio arriva presto. Fare tornanti di montagna col buio non è proprio il massimo.
Così, dopo aver percorso lo stesso passo che 14 giorni fa mi ha accolto con un sole splendente, le strade familiari della pianura padana tornano a consumare i miei pneumatici.
Arrivo a casa alle 23.00 circa, dopo aver percorso in un giorno 900 km dei 5439 totali finali, un po’ infreddolito, per la prima volta dalla partenza veramente esausto da non averne più, ma tanto, tanto felice!